istanti di bellezza
Vai ai contenuti

Menu principale:

Beatrice Cenci

Vetrina > Il mio museo

ritratto di Beatrice Cenci - (1599) -  Guido Reni
Galleria Nazionale di Arte Antica-Palazzo Barberini

Il ritratto, olio su tela di cm.75 x 50, la cui autografia è stata a lungo messa in discussione, è tradizionalmente identificata come il ritratto della giovane Beatrice Cenci (1577-1599), tragica protagonista di un caso giudiziario alla fine del Cinquecento sotto il pontificato di Clemente VIII Aldobrandini. Accusata di essere l'ispiratrice di una congiura familiare che aveva portato alla morte del violento e dissoluto padre Francesco, Beatrice venne condannata dalla giustizia pontificia nonostante il favore popolare. Fu decapitata nel 1599 davanti a Castel Sant'Angelo, in presenza di una grande folla che ne chiedeva la salvezza. Durante uno dei suoi soggiorni romani Guido Reni ne avrebbe eseguito il ritratto postumo, forse nelle vesti di una Sibilla, in atteggiamento mesto e malinconico. “La testa è dolce e bella, lo sguardo è dolcissimo e gli occhi molto grandi: hanno l’aria stupita di una persona che è colta di sorpresa nel momento in cui piange a dirotto. I capelli sono biondi e bellissimi” . Così Stendhal descrive il quadro che ebbe occasione di vedere a palazzo Barberini nel 1823, e non si può che concordare con lo scrittore francese nell’ammirare quegli occhi sgranati e il biancore folgorante delle vesti che contrasta con l’oscurità dello sfondo. La scena è occupata dalla figura di fanciulla vestita di bianco, vista di profilo e con la testa di tre quarti. Il capo è cinto da un turbante di uguale tessuto bianco che lascia fuoriuscire delle ciocche castane chiare sulle guance e sulla nuca. Il viso disegna l’ovale delicato di un’adolescente con grandi occhi castani e labbra piccole e dischiuse. Come Stendhal, molti altri scrittori e viaggiatori quali Shelley, Dumas, Artaud e Guerrazzi hanno scritto di questo ritratto favorendo il permanere della triste vicenda di Beatrice Cenci nell'immaginario collettivo dei romani e non solo.

Guido Reni

Nato a Bologna nel 1575, fu allievo del Calvaert per passare poi all'Accademia dei Carracci. Soggiornò a Roma in due riprese (1600-1603 e 1607-1614) e si spinse brevemente a Napoli, ma per il resto della sua vita dimorò sempre a Bologna dove morì nel 1642. Nelle prime opere la sua arte risente di volta in volta del tardo manierismo emiliano, dello stile dei Carracci e persino di un caravaggismo accademico; poi, a contatto con le correnti classiciste romane, maturò uno stile personale, volto a rendere le immagini a volte patetiche, ma sempre ricche di bellezza ideale e permeate di una sottile malinconia. Nella loro ricerca di purezza e di eleganza immateriale, esse corrispondono alla concezione religiosa dell'epoca, un po' sentimentale e languida. Il suo stile, già formato negli affreschi romani in S. Gregorio al Celio (1608-1609) e nella Cappella del Quirinale (1610), acquista maggior idealizzazione classicista nel Sansone vittorioso e nella Strage degli Innocenti, entrambe a Bologna, nell’affresco dell' Aurora (Roma, Palazzo Rospigliosi) e nelle quattro Fatiche d'Ercole (Louvre).  Allo stesso periodo appartiene il altro quadro mitologico di Atalanta e Ippomene (Napoli). Molto ammirati fino a tutto il XIX secolo, furono i suoi quadri di soggetto religioso: le numerose Madonne, i suoi Crocifissi , il S. Michele Arcangelo (Roma, Chiesa dei Cappuccini), e moltissimi altri sparsi nei musei d'Europa.

Torna ai contenuti | Torna al menu