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S. Agostino in Campo Marzio

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S. Agostino in Campo Marzio
Primo esempio rinascimentale nella capitale, Sant’Agostino è sicuramente, dopo S. Maria del Popolo, la chiesa quattrocentesca di Roma più interessante e ricca di opere d'arte. Conserva monumenti e pitture di alcuni dei più grandi artisti italiani: Sansovino, Raffaello, Caravaggio e Guercino.  Ospita anche la tomba di S. Monica, madre di S. Agostino, oltre ad altre curiose sepolture.
chiese di Roma
la basilica
Primo esempio rinascimentale nella capitale, la chiesa di Sant’Agostino fu realizzata a partire dalla fine del trecento  e completata nel 1420, per essere successivamente ampliata tra il 1479 ed il 1483 da Giacomo da Pietrasanta e Sebastiano Fiorentino. Luigi Vanvitelli è invece l'autore dell'interno, modificato tra il 1756 ed il 1761, e dell’attuale cupola, A metà del XIX secolo, durante il pontificato di Pio IX, gli interni furono rivestiti di marmi e di affreschi che ne mutarono l'originale struttura in travertino.
La facciata, a due ordini con timpano triangolare, progettata da Leon Battista Alberti è preceduta da una scalinata e la sua peculiarità consiste nel fatto che per la costruzione fu utilizzato il travertino proveniente dal Colosseo. Il portale principale è sormontato da un affresco raffigurante la Consegna della Regola Agostiniana (secolo XVIII) ed è affiancato da due portali minori sovrastati da due finestre tonde.
la navata centrale
L'interno, a croce latina, è suddiviso da pilastri in tre navate, con cinque cappelle su ognuna delle navate laterali, un transetto e un’abside affiancata da altre cappelle. Nella navata centrale si snoda un ciclo di affreschi realizzato, fra il 1858 ed il 1868, da Pietro Gagliardi. aventi per tema dodici storie della vita della Vergine Maria; tra i finestroni sei celebri donne del Vecchio Testamento; nella cupola il Redentore, i dodici Apostoli e i quattro Evangelisti.
Subito dopo l’ingresso, sulla destra si trova la scultura della "Madonna del Parto", che la tradizione vuole fosse stata realizzata con l'adattamento di un'antica statua romana raffigurante "Agrippina con il piccolo Nerone in braccio". In realtà l’opera fu eseguita nel 1516 da Jacopo Tatti detto "il Sansovino". Lungo l'architrave corre la scritta "Virgo Gloria Tua Partus" ovvero "O Vergine il parto è la tua gloria". Con questo appellativo ebbe origine una straordinaria devozione dei romani nei suoi confronti, testimoniata dai numerosi ex voto appesi alle pareti, al punto che è considerata la protettrice delle partorienti.
Il terzo pilastro sinistro della navata custodisce un gruppo marmoreo rappresentante “S. Anna che riunisce in un unico abbraccio la Vergine Maria ed il Bambino”, opera di Andrea Sansovino;  a questo gruppo scultoreo è collegato il sovrastante affresco di Raffaello del 1512 raffigurante il profeta Isaia fiancheggiato da due putti che reggono la scritta dedicatoria in greco "a S. Anna madre della Vergine, alla Vergine madre di Dio, a Cristo il Salvatore", mentre il profeta mostra un cartiglio in ebraico "aprite le porte onde il popolo che crede entri". L'altare maggiore, progettato nel 1627 dal Bernini e realizzato da Orazio Torriani fu inaugurato nel 1628 e al centro fu posta l'icona bizantina proveniente dalla chiesa di Santa Sofia di Costantinopoli. Il tabernacolo è ornato di pietre preziose provenienti dalle Americhe.

la navata destra
La navata destra inizia con la cappella dedicata a S. Caterina d'Alessandria dove, sull’altare si trova la tela “S. Caterina incoronata da due angeli” (metà del XVI secolo), di Marcello Venusti, allievo di Michelangelo. Segue la cappella dedicata a S, Giuseppe realizzata da Avanzino Nucci, allievo di Nicolò Circignani, detto il Pomarancio; alle pareti laterali sono posti due dipinti murali ad affresco di Giovanni Battista Montagna del XVI secolo, raffiguranti alla parete destra, S. Giovanni Evangelista e alla parete sinistra, S. Giovanni Battista.
La terza cappella è dedicata a S. Rita, opera di Giovanni Contini, allievo del Bernini: sopra l'altare si trova l'Estasi di S. Rita di Giacinto Brandi.
La cappella successiva è dedicata a S. Pietro, raffigurato nel gruppo marmoreo realizzato nel 1569 da Giovanni Battista Cassignola; nel timpano spezzato, sopra l'altare, si trova un Dio Padre circondato da cherubini, un dipinto attribuito alla scuola del Pinturicchio (fine del XV secolo).
La navata destra si chiude con la cappella del Crocifisso, che prende il nome dal Crocifisso ligneo del XVI secolo, davanti al quale la tradizione vuole si recasse a pregare San Filippo Neri.
il transetto
Il transetto destro ospita due cappelle: subito a destra si trova la cappella di S. Agostino, che custodisce, sopra l'altare, il dipinto “S. Agostino tra S. Giovanni Battista e S. Paolo Eremita” del Guercino, mentre ai lati “S. Agostino lava i piedi al Redentore” (a sinistra) e “S. Agostino sconfigge le eresie” (a destra), opere di Giovanni Lanfranco. Subito dopo si trova la cappella di S. Nicola da Tolentino,
Nel transetto sinistro si trova la cappella di S. Monica dove sono custodite le spoglie della santa, madre di S. Agostino, qui trasferite da Ostia nel 1430. Le reliquie sono sistemate in un'urna di marmo verde sotto la mensa dell'altare. Gli affreschi della volta, con episodi della vita della santa, sono opera di Giovanni Battista (XVI secolo).
Accanto a questa si trova anche la cappella dedicata ai Ss. Agostino e Guglielmo, con tele opere di Giovanni Lanfranco, eseguite nel 1616, sulla sinistra “S. Guglielmo curato dalla Vergine”, di fronte “S. Agostino medita sulla Santa Trinità” e sull'altare “l'Incoronazione della Vergine con i Ss. Agostino e Guglielmo”; l'affresco nella lunetta mostra gli "Apostoli intorno alla tomba vuota della Vergine”, mentre sulla volta “l'Assunzione della Vergine”.
la navata sinistra
Nella navata sinistra, subito dopo il transetto, si trova la cappella di S. Tommaso da Villanova, ricca di marmi pregiati, opera di Giovanni Baratta; la scultura sopra l'altare è “S. Tommaso da Villanova e la Carità” di Melchiorre Caffà; sopra al timpano il Dio Padre è ancora di Ercole Ferrata.
Si succedono poi la cappella dedicata a S. Giovanni di San Facondo in cui è custodita sull’altare la tela S. Giovanni da San Facondo (XVII secolo),  opera di Giacinto Brandi e la cappella di S. Apollonia, raffigurata con un’opera di Girolamo Muziano; di Francesco Rosa, allievo di Pietro da Cortona, sono i dipinti a lato dell'altare e sulla volta con l'affresco “Gloria di S. Apollonia”.
Seguono ancora la cappella di S. Chiara da Montefalco, con la pala dell'altare di Sebastiano Conca; gli affreschi del catino sono attribuiti a Girolamo Nanni e la cappella Pio, così denominata in quanto il progetto della cappella fu affidato da Angelo Pio al Bernini.
la cappella della Madonna di Loreto
Nella cappella della Madonna di Loreto si trova quello che viene considerato il più grande capolavoro ospitato in S. Agostino: la Madonna dei Pellegrini del Caravaggio, eseguita tra il 1603 e il 1606, che la tradizione vuole dipinto dal tormentato pittore quando si rifugiò nella chiesa per sfuggire all'arresto ed alla condanna perché aveva ucciso il padre di una ragazza da lui sedotta. L’opera costituisce uno dei massimi capolavori dell'artista anche se suscitò al tempo grande scandalo per il suo carattere "sconveniente". L'artista dipinse la Vergine con il Bambino in braccio che, aprendo la porta, trova due pellegrini inginocchiati sulla soglia. Con un gioco di luci e ombre, Caravaggio fa risaltare una vera trasparenza di fede. La bellezza della Madonna, in contrasto con la ruvidezza e la semplicità dei due devoti, indica la grandiosità della Donna che con il Bambino rivolge uno sguardo pieno di amore; il Bambino investito di spalle dalla luce rivolge loro lo sguardo come la mamma e tende la mano in segno di benedizione e quella luce sembra tramutarsi in grazia sul volto rugoso dei due pellegrini. Secondo alcuni studiosi l'opera suscitò scalpore perché il Caravaggio utilizzò, come modella per la Madonna, Maddalena Antognetti, detta Lena, che varie fonti indicano come amante dello stesso. Probabilmente non fu la presenza di Lena nel dipinto a destare scalpore, bensì quella degli “umili pellegrini”, raffigurati con la pelle rugosa, gli abiti sdruciti ed i piedi sporchi che andava contro i canoni dell'arte del tempo della controriforma.
una curiosità
Nella chiesa, oltre a quella di Santa Monica già accennata, vi sono altre sepolture illustri, ma è curioso che insieme alle spoglie di santi e cardinali vi giacciano anche le salme di famose cortigiane di alto bordo, come Fiammetta, amante preferita di Cesare Borgia. Occorre considerare d’altronde Sant’Agostino era la chiesa dove si tenevano le prediche alle cortigiane: per favorirne il ritorno alla vita onesta, cui si dava carattere e importanza di conversione, esse ferano obbligate ad assistere, specialmente nel periodo quaresimale, ad apposite prediche. Le cortigiane venivano sistemate nelle prime file, non tanto per tenerle vicine al Signore, quanto perché il resto dei fedeli, nel rivolgere continuamente lo sguardo verso di loro, non si distraesse nel corso delle funzioni religiose.
Bibliografia:
F. Gizzi - Le Chiese rinascimentali di Roma;
C. Rendina - Le Chiese di Roma;
M. Armellini - Le Chiese di Roma dal secolo IV al XIX;
Padri Agostiniani - S. Agostino in Campo Marzio;
Cathopedia.it - Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio;
LaboratorioRoma.it - Le mie passeggiate - Sulle tracce di Caravaggio.

© Sergio Natalizia - 2014-2022
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