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Villa Gregoriana

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Villa Gregoriana
Ville di Tivoli

Villa Gregoriana è un luogo dove la natura e la costante opera dell'uomo, tra le bellezze paesaggistiche ed i resti dell'antica Tibur, si sono fuse nel corso dei secoli in modo così seducente da diventare meta obbligata del “Grand Tour” della cultura romantica del XIX.

L’area come la vediamo oggi si è configurata nel 1832, quando papa Gregorio XVI promosse una grandiosa opera di ingegneria idraulica per contenere le continue esondazioni dell’Aniene che causavano enormi danni all’abitato di Tivoli. Le acque del fiume furono incanalate in un doppio traforo scavato nel monte Catillo alla cui uscita hanno dato vita alla Cascata Grande che con i suoi 117 metri di dislivello costituisce  il secondo salto più alto d’Italia, dopo la cascata delle Marmore. Si perse però l’immagine che per secoli aveva attratto proprio quei visitatori del “Grand Tour”: la “Valle dell’Inferno” veniva a perdere la vista di quella cascata che per secoli aveva solcato la gola tiburtina. Per ovviare a ciò papa Gregorio XVI si adoperò per creare quindi un parco, caratterizzato da una grande varietà di piante sempreverdi, attorno alla nuova cascata artificiale: così nasceva Villa Gregoriana, il cui nome ricorda proprio colui che ne volle la creazione. Gli architetti pontifici, nel tempo riuscirono a riorganizzare l’intera area, anche restaurando i resti di epoca romana trovati durante la risistemazione delle diverse terrazze e dei percorsi di visita. Nel 1854, la villa venne data in gestione al Comune di Tivoli, il quale però si preoccupò più dello sfruttamento idroelettrico delle acque dell’Aniene piuttosto che della manutenzione ordinaria del parco. Devastata dai bombardamenti durante la II Guerra Mondiale, nel dopoguerra il sito divenne proprietà del Demanio ma la villa fu per lo più utilizzata come discarica a cielo aperto; ancora negli anni Sessanta, il parco versava in condizioni di totale abbandono e di gravissimo dissesto idrogeologico. Nel 2002, il Demanio lo ha dato in concessione al FAI (Fondo Ambiente Italiano) la cui gestione e tutela ha riportato la “Valle dell’Inferno” all’antico splendore, sia attraverso una campagna di rimboschimento dell’area,  sia con creazione di itinerari turistici all’interno del parco stesso, atti a mettere in risalto proprio quell’aspetto naturalistico che per secoli aveva richiamato tanti visitatori. Nel 2005 il parco è stato riaperto al pubblico e si possono di nuovo percorrere gli antichi sentieri immersi nelle settantaquattro specie arboree presenti e scoprire interessanti reperti archeologici tra cui i resti della villa del console romano Manlio Vopisco, i templi di Vesta e di Tiburno.
© Sergio Natalizia - aprile 2018
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