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Sibilla Cumana

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Sibilla Cumana - (1622) -  Domenichino
Musei Capitolini-Pinacoteca

Il dipinto della Sibilla, olio su tela di cm.138 x 103, riprende un tema frequente nel percorso dell’artista bolognese, che lo affronta in modo sostanzialmente simile in almeno quattro dipinti giudicati autografi: la Sibilla della Galleria Borghese, di certo la versione più celebre (nonché la più antica, essendo stata ordinata a Domenichino dallo stesso cardinale Scipione Borghese nel 1617); la tela capitolina (Sibilla Cumana); la versione della Wallace Collection di Londra (considerata una Sibilla Persica con la vistosa variante delle mani appoggiate a un libro chiuso); il quadro di collezione privata scozzese.
Domenichino ritrae la Sibilla Cumana, famosa per aver accompagnato Enea nelle profondità dell'Ade, riccamente ornata da preziosi tessuti vivaci. La Sibilla rievoca in sè l'arte della musica (spartito musicale e viola da gamba), mentre alle sue spalle l'alloro farebbe riferimento ad Apollo (inventore della musica). La scritta in greco sul rotolo recita “C’è un solo Dio infinito e non nato”. La tela è citata nell’inventario Pio dal 1641 e, a partire dalla lista del 1697, viene assegnata a Domenichino, riferimento mantenuto negli elenchi successivi e nelle guide capitoline. Nella letteratura moderna il quadro del Campidoglio è stato a lungo dibattuto, ma va detto che in passato sicuramente il generale cattivo stato di conservazione non ha favorito la lettura del dipinto; questo tuttavia anche dopo l’ultimo restauro presenta un grave depauperamento della superficie pittorica e la scomparsa delle velature finali dovute a precedenti abrasioni. Il definitivo inserimento nel percorso del pittore emiliano spetta a Richard Spear, che nella monografia su Domenichino del 1982 ne stabilisce la datazione intorno al 1620-23, data precisata nella mostra del 1996 al 1622, proposta con la quale si concorda per la vicinanza sostanziale agli affreschi di Sant’Andrea della Valle.

Domenichino (Domenico Zampieri)

Nato a Bologna nel 1581, verosimilmente dovette il soprannome alla bassa statura. Si formò a Bologna prima come allievo di Denijs Calvaert, poi al fianco di Guido Reni e Francesco Albani per poi passare all’Accademia degli incamminati con Agostino e Ludovico Carracci. Divenne uno dei massimi rappresentanti del classicismo seicentesco. Nel 1601 giunse a Roma, dove studiò le opere di Raffaello e fu aiuto del Carracci, negli affreschi della Galleria Farnese, dove realizzò la Fanciulla con l’unicorno sopra la porta d’ingresso (1604-05). La prima opera interamente di sua mano è la Liberazione di S. Pietro, nella sacrestia di S. Pietro in Vincoli a Roma. Seguono tre lunette nel portico della chiesa di S. Onofrio, la Flagellazione di sant’Andrea per l’oratorio di San Gregorio al Celio dedicato al santo e gli affreschi per Palazzo Mattei e per l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata nel 1610. I suoi massimi capolavori risalgono al secondo decennio del secolo con le Storie di Santa Cecilia per la cappella Polet in San Luigi dei Francesi, la Sibilla (Musei Capitolini), l'Assunta, nel mezzo del soffitto della chiesa di S. Maria in Trastevere, la Caccia di Diana e la Sibilla della Galleria Borghese a Roma. Fra il 1621-23 furono eseguite, verosimilmente, le due grandi tele raffiguranti la Madonna del Rosario e il Martirio di S. Agnese, ora nella Pinacoteca di Bologna.
Del periodo 1624-28 sono le decorazioni della cupola di S. Andrea della Valle a Roma e la decorazione della cappella Bandini in S. Silvestro al Quirinale e, probabilmente, la pala di Brera, già in S. Petronio dei Bolognesi a Roma. Nel 1630 il Domenichino terminò gli affreschi nei pennacchi della cupola in S. Carlo ai Catinari di Roma, e nello stesso tempo dové eseguire il Martirio di S. Sebastiano, ora in S. Maria degli Angeli. L'attività del Domernichino si chiude a Napoli con la decorazione della cappella del Tesoro in duomo, commessagli nel 1630: opera interrotta dalla morte, avvenuta non senza sospetto di veleno.

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